Oltre al welfare pubblico, ci sono altre tipologie di iniziative volte al miglioramento del benessere generale della società e dei lavoratori. Stiamo parlando di tutto ciò che rientra nel welfare privato, cioè principalmente il welfare contrattuale, quello aziendale e quello premiale.
Alle aziende si riconosce un ruolo importante nel dibattito work-life balance e per questo vengono incoraggiate, attraverso sgravi fiscali, alla distribuzione di welfare aziendale. Ma quali sono le tipologie di welfare erogabili e la loro relativa normativa?
Continua a leggere per sapere di più sul welfare contrattuale, individuale e premiale.
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Indice
Cos’è un piano welfare e perché implementarlo in azienda
Le spese sostenute per erogare benefit welfare complementari o aggiuntivi alla retribuzione inoltre, riduce il costo del personale. Aumentare la retribuzione di un lavoratore, maggiorandola con un importo in busta paga ha un costo più elevato del maggiorarla attraverso l’erogazione di welfare aziendale. La normativa fiscale vantaggiosa mira proprio a rendere accessibile a tutti, comprese le PMI, la distribuzione di benefit.
Quali tipologie di welfare possono essere erogati ai dipendenti? Welfare contrattuale, individuale e premiale
Quando un’azienda decide di pianificare un progetto di welfare deve essere a conoscenza del fatto che ne esistono varie tipologie. Le più conosciute e vantaggiose sono il welfare contrattuale, il welfare individuale e il welfare premiale. Ognuna di queste categorie gode di sgravi fiscali ed è regolata da una normativa diversa. Nei prossimi paragrafi vedremo nel dettaglio le principali tipologie di welfare, il loro campo di applicazione e la relativa regolamentazione.
Welfare contrattuale: cos’è e come funziona
Il welfare contrattuale deriva sempre da accordi nazionali o territoriali di carattere collettivo sottoscritte da organizzazioni sindacali o datoriali. Il welfare contrattuale, essendo normato dai CCNL di categoria o da accordi collettivi, è sempre obbligatorio. Questo significa che le aziende che hanno dipendenti assunti con determinati contratti del lavoro o che sono sottoposte a determinati accordi territoriali devono necessariamente erogare i benefit welfare o l’importo prescritto dai suddetti documenti.
Oltre al più conosciuto CCNL dei metalmeccanici, che obbliga le aziende ad erogare dei benefit welfare ai propri dipendenti, sono più di dieci i contratti nazionali del lavoro che hanno introdotto welfare contrattuale obbligatorio.
Tendenzialmente si parla di importi di poche centinaia di euro, ma per alcuni settori come il conciario, si arriva a cifre anche più alte. Non si esclude che, data la sempre maggiore importanza di misure a sostegno dei lavoratori, nei prossimi rinnovi dei contratti di categoria aumenti sia il numero di settori che prevede il welfare contrattuale, sia gli importi da erogare.
Welfare individuale: quali benefit è possibile erogare
Il welfare individuale è una tipologia di erogazione regolamentata non da accordi collettivi, come avveniva per il welfare contrattuale, ma da accordi individuali. Dunque, la particolarità del welfare individuale è che sono le singole persone a beneficiarne e non un gruppo che ha caratteristiche in comune.
L’azienda ha dunque più libertà di gestione nell’applicazione di questa tipologia di welfare, anche se ci sono vincoli rispetto ai beni e servizi erogabili e, in alcuni casi, anche riguardo gli importi.
Sono tre le tipologie di benefit welfare erogabili attraverso questa modalità:
- Fringe benefit: questi benefit fanno parte della cosiddetta retribuzione aggiuntiva allo stipendio standard e possono essere erogati per un massimo di 600€ all’anno per dipendente come previsto dal Decreto Aiuti Bis entrato in vigore ad Agosto 2022 e diventato legge a Settembre dello stesso anno. L’azienda, attraverso i fringe benefit, può erogare buoni benzina, buoni acquisto, l’auto aziendale ecc. Leggi di più qui.
- Interessi sui mutui e i finanziamenti: in questo caso l’azienda può decidere di aiutare finanziariamente il dipendente attraverso un rimborso, che non ha una soglia massima, delle rate dei finanziamenti e dei mutui. Leggi di più qui.
- Previdenza complementare: attraverso la previdenza complementare l’azienda aiuta il dipendente a versare un determinato importo all’interno di un fondo pensione appositamente pensato come previdenza aggiuntiva a quella pubblica. Per questo tipo di benefit i versamenti hanno un limite massimo di 5.164,57€ all’anno per lavoratore. Leggi di più qui.
Welfare premiale: conversione dei premi di risultato in welfare
Il welfare premiale si differenzia dalle altre tipologie di welfare perché riguarda dare la possibilità ai dipendenti di convertire il premio di risultato erogato dall’azienda in welfare aziendale. La particolarità di questa soluzione è che i singoli lavoratori hanno la facoltà di accettare o rifiutare tale conversione.
Il motivo per cui è sempre un’ottima pratica offrire questa possibilità di conversione del PDR in welfare aziendale e, dal lato del lavoratore accettare sono gli sgravi fiscali. Quando il premio di risultato è legato ad incrementi di produttività, efficienza, o innovazione misurati rispetto ad un periodo preciso e il valore del premio non supera i 3.000€ annui, allora la conversione è estremamente vantaggiosa.
Coloro che ricevono il PDR in busta paga sono sottoposti ad un’aliquota sostitutiva IRPEF pari al 10%. Mentre coloro che decidono di convertire il premio di risultato in un credito welfare, spendibile in beni e servizi associati al welfare, godono di una totale detassazione e decontribuzione. Questo grazie alla Legge di Stabilità del 2016.
Inoltre, quando un dipendente converte il PDR in welfare anche l’azienda è automaticamente esente da oneri fiscali, rendendo così il welfare premiale una strategia vincente per tutte le parti in gioco.